giovedì 24 maggio 2018

Nessun rumore



Mi svegliai alla stessa ora di sempre e iniziai a prepararmi il caffè. Avevo una strana sensazione, ma, nello stato di spossatezza in cui mi trovavo, non mi resi ancora conto di nulla. Vagavo ancora in quel limbo tra il risveglio e il riavere le piene facoltà mentali. Ma poi quel qualcosa di strano lentamente e inesorabilmente è penetrato nella mia testa.
Era il silenzio.
Totale.
Nessun rumore proveniva dalla strada.
Nessun rumore...

Vivevo in un appartamento che affacciava su una via principale ed era impossibile non sentire nemmeno un’automobile che passava. Ne una voce. Ne un televisore acceso. Pensavo di essere ancora sul letto a sognare. Era impossibile crederci, eppure non volava una mosca.

Solo un assordante silenzio.

Il corso dei miei pensieri fu interrotto dal fischio della macchinetta del caffè che stava fuoriuscendo come al solito. Dimentico sempre la moka sul fuoco. Bevvi il caffè a piccoli sorsi pensando tra me e me che magari era tutto frutto della mia immaginazione. Magari non si sa per quale ragione cosmica, in questi pochi minuti dal mio risveglio, non passava una macchina e tutti erano calmi, tranquilli e silenziosi. Magari stavo diventando sordo. Impossibile, il gorgoglio del caffè che usciva lo avevo sentito bene. Provai ad accendere la televisione. Non prendeva nessun canale. Tutte schermate vuote e mute. Stavo sicuramente sognando. Decisi finalmente di andare ad aprire il balcone e affacciarmi sulla strada. Stavo sicuramente sognando. Macchine ferme ovunque al centro della strada, vestiti sparsi sui marciapiedi, moto, biciclette e scooter sembravano abbandonati.

Sognavo.

Scesi in strada ancora in mutande e con la tazzina di caffè in mano. Non potevo credere a quello che vedevo. Uno scherzo di cattivo gusto era impossibile. Troppo elaborato. Speravo di svegliarmi. Mi schiaffeggiai con tutte le mie forze e mi procurai soltanto una spiacevole irritazione. Cosa cazzo era successo? Tutti quanti erano spariti.
Osservai meglio i vestiti sparsi in strada, sembrava che la gente si fosse volatilizzata nel nulla in un istante. Non riuscivo a metabolizzare quello che mi circondava. Tornai a casa. Ero confuso e non sapevo cosa fare. Io, scrittore, mi ritrovavo a vivere uno di quegli incubi che tanto mi piaceva raccontare. Vagavo per casa come un fantasma, confuso, incredulo, impaurito. Mi dissi tra me e me che tutto questo era impossibile, stavo sicuramente sognando. Tornai anche a dormire, ci misi una fatica del diavolo a prendere sonno e alla fine, quando qualche ora più tardi mi svegliai, ero convinto di avere solo sognato. Ma quel silenzio tornò a gelarmi il cuore. Nulla era cambiato. Mi riaffacciai dal balcone e tutto quanto era come qualche ora prima. Si era solo annuvolato e sembrava che stesse per piovere.

Non stavo sognando.

Piansi. Tanto. Mi sfogai, sentii di impazzire, provai a chiamare tutti i numeri che avevo nella rubrica. Tutti staccati. Provai con la polizia, l’ospedale, i pompieri, tutto. Nessuna linea telefonica funzionava. Ero solo. Era impossibile. Dovevo trovare qualcuno.
Ho iniziato a vagare senza meta per il quartiere e ovunque lo stesso scenario. Auto, vestiti, caos. Ma nessuno che potesse vedere insieme a me questo terribile incubo. Nessuno con cui confrontarmi.
Entrai in un bar. Vestiti ovunque. Anche quelli del barista dietro al bancone.
Mi servii da solo un goccio di whisky. Quel giorno mi scolai l’intera bottiglia e svenni ai piedi del bancone per risvegliarmi nel tardo pomeriggio con la peggiore emicrania della mia vita. Vomitai tutto. Tornai a casa e continuai a dormire fino al giorno dopo.

Mi svegliò il suono di un clacson e il solito litigio tra due autisti all’incrocio sotto casa.
Tutto era come prima. Che cazzo di incubo avevo fatto?

Ma, fu solo un incubo?


Maggio 2017

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