venerdì 12 febbraio 2021

Risveglio

Il suono della sveglia ti entra nella testa

ancora ti rifiuti di svegliarti. 

Lo senti arrivare da lontano 

inesorabile

ti penetra dentro il cervello.


Fuori è ancora buio e il dovere chiama

Chi te lo fa fare di alzare il culo prima dell'alba 

Fa freddo d'inverno 

vorresti solo continuare a dormire.


Ancora assonnato ti dirigi verso il bagno

Hai proprio bisogno di un caffè 

poi puoi cominciare a vestirti

ma senza fare troppo rumore

in casa stanno ancora dormendo.


Non sei di buon umore

ti chiedi  cosa ti spinge a massacrarti tutti i giorni.


Domande senza risposte martellano la tua testa 

intanto ti guardi allo specchio 

hai bisogno di farti la barba amico mio

il fatto è che non ne hai voglia.


Sei quasi pronto

manca solo la voglia di iniziare

sai che poi tornerai la sera a casa stanco morto 

con un unico pensiero nella testa

dormire.


E così come tutte le mattine.

Così come tutti i giorni 

Hai bisogno di riposo

Hai bisogno di tempo per te. 


Il tempo passa e stai facendo tardi

meglio che ti affretti 

non vorrai mica farti aspettare. 


Magari un giorno lo decidi

di mandare a fanculo tutti 

e continuare a dormire

alzarti e non fare assolutamente nulla 

fino ad annoiarti a morte.


Ma ora e meglio che ti dai una mossa

Esci di casa e ti dirigi verso la macchina

Metti in moto 

scaldi un po' il motore prima di partire. 


Fuori si gela ed è ancora buio

le prime luci dell'alba cominciano a colorare il cielo. 


Guardi l'ora

è proprio ora di partire

ingrani la marcia, dai gas e ti avvii

verso la strada che fai tutte le mattine. 


Il sole comincia ad alzarsi, è l'alba. 

Mentre imbocchi l'autostrada

alzi lo sguardo e la vedi

un aquila su di un palo di legno. 


Non l'avevi mai vista da queste parti 

In quel momento

osservando l'aquila così solenne e fiera 

illuminata dalle prime luci del sole

capisci che oggi sarà una giornata diversa.

mercoledì 20 gennaio 2021

Mirko Hilbrat - La Rosa dei Venti -II- La Dispersione



Ho appena finito di leggere questo libro, scritto da una persona con la quale ho condiviso momenti della mia adolescenza, tra fiere del fumetto, manga, videogiochi e anime giapponesi. Quella che sto per scrivere non è propriamente una recensione, ma è perlopiù tentare di descrivere quello che questa lettura è riuscita a trasmettermi. 
Leggere questo libro, in qualche modo mi ha fatto tornare indietro nel tempo, ritrovandoci tutte quelle passioni che nutrivano la mia anima nel periodo più bello della mia adolescenza. Queste passioni me le porto ancora con me, magari non bruciano più come un tempo, ma questa lettura è riuscita a far divampare un incendio assopito nel mio cuore che non si è mai spento.  
Tra queste pagine ho ritrovato persone e situazioni che hanno fatto parte della mia vita, ho rivisto attraverso le avventure di questi personaggi, tutto ciò che mi appassionava (e che continua ad appassionarmi...) del mondo degli anime, dei videogiochi, dei fumetti e delle saghe fantasy. Mirko è riuscito a incanalare, in questo libro (e ovviamente anche nel precedente), tutta la sua spropositata passione per questi temi. Pagina dopo pagina mi è parso di rivivere le nobili gesta dei Cavalieri dello Zodiaco e il loro spirito di sacrificio e il legame indissolubile di amicizia che li lega; ho percepito l'adrenalinico senso delle battaglie e dei combattimenti che riesce a descrivere nelle sue pagine grazie ad un ritmo serrato che ti tiene col fiato sospeso. Riesce a farti vivere sulla propria pelle tutte le emozioni dei suoi personaggi e non si riesce a staccarsi dalle pagine per vedere l'esito di uno scontro. 
Per concludere, non posso che ringraziare l'autore, Mirko, mio amico, che è riuscito a farmi rivivere attraverso i suoi libri,  momenti della vita che custodisco gelosamente nel mio cuore. 


lunedì 26 ottobre 2020

Gianrico Carofiglio - Le tre del mattino

 


"Nella vera notte buia dell'anima sono sempre le tre del mattino".

Ho appena finito la lettura di questo libro. Mi sono da poco accostato alla lettura di questo scrittore e devo dire, dopo tre libri che ho letto, di trovarmi davanti a un grande autore e a un grande uomo. Mi sento ancora scombussolato dalle emozioni che mi ha suscitato in me questa lettura.  Difficile poterla descrivere in poche parole ma voglio provarci lo stesso definendola con un solo aggettivo: intima. 

Questo libro infatti, l’ho trovato di una intimità che raramente ho riscontrato in altre letture. Pagina dopo pagina si ha la sensazione di riscoprire una certa intimità anche in se stessi. La storia di per se è molto semplice e lineare. Un padre e un figlio per una serie di questioni sulle quali non mi voglio dilungare, si ritrovano a dover trascorrere due notti a Marsiglia, negli anni ottanta, senza dover dormire e riscoprono tra loro, un rapporto tanto intimo che non si immaginavano di aver mai avuto prima. Il padre finora era sempre stato visto dal figlio come quello che aveva abbandonato lui e la madre quando era solo un bambino. La storia viene narrata dal punto di vista del ragazzo e capitolo dopo capitolo scopre aspetti del padre che lo catturano in un vortice di emozioni sempre più crescenti con il passare delle ore. 

Non immaginavo di ritrovarmi di fronte un libro che mi emozionasse così tanto, tanto da avere le lacrime agli occhi e un nodo alla gola alla fine dell’ultimo capitolo. Un libro speciale sul rapporto tra un padre e suo figlio, di cose non dette e di rimpianti per il tanto tempo perso per assurdi preconcetti e per delle cose non dette. La riscoperta di una bellissima amicizia tra padre e figlio. Questo libro mi è rimasto dentro e difficilmente me lo scrollerò di dosso. 

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martedì 7 aprile 2020

Il nutrimento dell'anima


Ieri, dopo anni che non lo facevo, ho sentito l’esigenza di riprendere una matita in mano e realizzare un disegno che prepotentemente sentiva il bisogno di uscire da me.
Ma andiamo con ordine.
In questo periodo mi sono cimentato nella rilettura di un libro di Haruki Murakami, nello specifico L’assassinio del commendatore. Ora non voglio stare qui a ripetermi su quanto sia pazzo per questo scrittore e di come, i suoi mondi, riescono a rimanermi dentro ogni volta che leggo qualcosa di suo. Rischierei di essere ridondante. In breve, il protagonista di questa storia è un pittore, non sappiamo il suo nome, per tutto il libro non ci viene detto. La storia la narra lui in prima persona e sembra quasi di viverla sulla propria pelle. Quando il protagonista descrive i quadri che sta facendo e il modo in cui escono fuori dalla sua anima, si ha la sensazione di un qualcosa di tangibile. Murakami riesce proprio a farli sentire in corpo questi pensieri ed è riuscito a far rinascere anche in me, la voglia di tornare a disegnare e, nello specifico, proprio la scena che sto per andare a raccontare.
Si tratta di una fotografia. Una foto che ho sentito il bisogno di scattare. In questo periodo di quarantena, ciò che mi manca di più, sono sicuramente le lunghe passeggiate per la mia città. Qualche mese fa mi ritrovavo dopo molti chilometri di camminata tra le vie di Roma a risalire una scalinata, nello specifico la Rampa della quercia. Davanti a me si è parata una vecchia scalinata tutta sgangherata e un antico tronco d’albero ormai morto, tenuto in piedi da dei tiranti e un vecchio palo ormai arrugginito. L'albero o ciò che ne rimane è posto sopra una effige in vecchi mattoncini e con una targa che cita queste bellissime parole:

S.P.Q.R.
_____
ALL’OMBRA DI QVESTA QVERCIA
TORQVATO TASSO
VICINO AI SOSPIRATI ALLORI E ALLA MORTE
RIPENSAVA SILENZIOSO
LE MISERIE SVE TUTTE
TRA LIETE GRIDA SI FACEVA
CO’ FANCIVLLI FANCIVULLO
SAPIENTEMENTE
_____
MDCCCXCVIII

Dentro di me si è smosso qualcosa e sentivo il bisogno fisiologico di scattare una fotografia. O forse era il posto che voleva essere fotografato, non sono ancora riuscito a capirlo. Ci sono luoghi e situazioni che si vengono a creare che è difficile riuscire pienamente a comprenderne il significato. Ci emozionano, ci lasciano e si prendono qualcosa, a noi non ci rimane altro da fare che prendere questo tipo di esperienze e farle nostre. Chiuderle in noi fino a quando non arriva il momento di tirarle fuori.
Il tempo non era bellissimo, il cielo era coperto e cadeva una pioggerellina fine che dava la sensazione di commemorare con nostalgia questo luogo. La luce era pallida e uniforme, senza troppi contrasti. La scena era perfetta per una foto in bianco e nero.
Quando andavo a liceo ho fatto fotografia, in un periodo in cui il digitale era ancora all’alba dei tempi. Avevo imparato a sviluppare in camera oscura rullini e foto in bianco e nero. Era emozionante e stimolante. Questo amore smisurato per il bianco e nero mi è rimasto dentro e ci sono delle volte che, come un assetato, devo bere da questo calice.
Scattai una sola fotografia, mi è sembrata perfetta. Non mi piace scattare un sacco di foto dello stesso soggetto. In questo mondo digitale è facile fare foto perfette con infiniti tentativi a disposizione, diventa impossibile non riuscirci. Ma catturare l’essenza di un soggetto in un colpo solo è tutta un’altra storia. Personalmente, cerco sempre di cogliere questa essenza con una sola fotografia. Non so poi se effettivamente riesca nel mio intento, ma penso che avere la possibilità di scattare migliaia di foto rende ciò che si fotografa un qualcosa privo di anima o in qualche modo ho la sensazione che lo si sminuisce facendogli perdere di valore. Nella fotografia, come nel disegno (un tempo sicuramente coltivavo di più questa passione) cerco di tirare fuori l’unicità delle cose, cercando di dargli il giusto valore e il dovuto rispetto.



Lo scatto mi soddisfaceva e ho continuato la gradevole passeggiata sotto un cielo malinconico.
Ora tornando a Murakami, da quando ho ricominciato la seconda lettura di L’assassinio del commendatore, leggendo, anzi, sentendo addosso i pensieri del protagonista, provavo in me il bisogno di riprendere quella foto e disegnarla. Cercare in qualche modo di tirarne fuori ancora dell’altro. Più andavo avanti nella lettura e più questa esigenza si faceva forte. Murakami ti entra dentro e ti smuove corde sepolte nei meandri dell'anima e te le fa vibrare talmente forte da sentirne la musica. Quella musica l’ho fatta uscire attraverso il disegno. Non sarà certo un capolavoro, anzi sono proprio arrugginito sotto questo aspetto, ma dopo aver tracciato delle linee, iniziato a dare forma alla scena, piano piano ho iniziato a metterci qualcosa di mio. Non mi sono limitato meramente a copiare una fotografia ma ho cercato, attraverso il disegno e nelle forme, di dargli un qualcosa di mio, della mia anima. Magari il risultato non sarà stato eccezionale ma in cuor mio  mi sento veramente soddisfatto.



L’emozione che mi ha suscitato l’atto stesso di disegnare e creare qualcosa di mio, bhe, sono emozioni davvero forti e appaganti per me stesso. Quello è l'importante. Fare ciò che ci fa stare bene è il nutrimento della nostra anima e ognuno dovrebbe perseguire questo obbiettivo nella propria vita. In questo periodo più che mai.





venerdì 20 marzo 2020

Un panino nel bosco





Sto passando un periodo stressante. Il caos della quotidianità mi sta uccidendo. Ho voglia di evadere, di uscire dalla città e perdermi nella natura incontaminata. Trascorrere una giornata senza dover star dietro a mille problemi di cui non mi interessa nulla. Voglio stare solo con me stesso e non pensare a niente. Solo io, la natura e un quaderno su cui scrivere. Oggi non ho voglia di andare a lavoro. Mi do malato, ho bisogno di rigenerarmi. 
Preparo uno zaino per una giornata. Ci metto il mio telo tenda, cordini vari, gavetta per cucinare, il piccolo fornello a legna portatile, una moka con caffè, spezie, una borraccia d’acqua, un coltello per tagliare il cibo, l’opinel 8 andrà benissimo, piccolo e pieghevole. Poi il mio fedele victorinox multiuso, lo shemag da usare come tovaglia, un piccolo kit per il primo soccorso e vediamo cosa altro mi serve. La giornata è buona e le previsioni dicono che sarà bello tutto il giorno. Ovviamente qualcosa per accendere un fuocherello da campo per cucinarmi qualcosa e credo di aver tutto quello che mi serve per trascorrere una piacevole giornata in mezzo al bosco. Ecco cosa stavo dimenticando un quaderno e una matita, prendo il mio diario rilegato in pelle, una matita e metto tutto nello zaino. Sarei tentato di lasciare il cellulare a casa. Anzi penso proprio che lo lascerò qui. Che squilli pure. Oggi non ci sono per nessuno. Mi vesto e vado verso il supermercato a comprare qualcosa. Ma cosa? Di cosa ho voglia per pranzo? La giornata autunnale è bellissima, si sta benissimo fuori e direi proprio che sia l’ideale per cucinare un buon hamburger con formaggio, cipolla e pomodori. Faccio una veloce spesa. Prendo della carne macinata, del pane, due bei pomodori verdi, una cipolla, del formaggio, e perchè no, anche un po di salame da tagliare e stuzzicare mentre cucino. Da bere ho la mia acqua ma vorrei anche una birra. Pago e mi sistemo tutto nello zaino. Ottimizzo gli spazi e mi entra tutto nello zaino. Sono appena le nove del mattino e parto, esco da questa città chiusa in se stessa, sempre in movimento, non si ferma mai. Io ho bisogno di fermarmi. Evado per ritrovare una mia dimensione, per sentirmi libero. Vado alla ricerca di me stesso attraverso la solitudine in mezzo alla natura. Almeno per un giorno. 
Non vado molto lontano. Basta percorrere una trentina di chilometri fuori la città e mi ritrovo immerso nel verde. Prendo la prima uscita dell’autostrada e mi dirigo verso un paesino. Lo supero e parcheggio la macchina dopo qualche chilometro su un bel vedere. La vista delle montagne e l’aria fresca che sento sulla pelle del viso mi fa già sentire meglio. Questo era quello che mi ci voleva. Il suono della montagna. La musica della natura. Mi metto lo zaino in spalla, sono appena le dieci di mattina, mi inoltro nel bosco lungo un sentiero che scende verso una vallata. Mentre discendo i rumori del bosco pervadono la mia mente, il vento tra le foglie, il cinguettare degli uccelli, il calpestare l’erba e il suo profumo. Sono tutti suoni che mi rigenerano passo dopo passo. Dopo un’oretta di camminata decido di fermarmi. Ho trovato un buon posto dove montare il campo. Lo ripulisco un po’ dalle foglie e tiro fuori dallo zaino il telo tenda. Con un bastone di circa un metro e mezzo ci tiro su un piccolo riparo. Con il Victorinox preparo dei picchetti con del legno che trovo in giro, poi ci fisso i cordini per stendere bene la tenda e in una quindicina di minuti ho montato il mio piccolo rifugio spirituale. Ora è il momento di fare un po’ di legna per il fuoco. Con la sega del Victorinox taglio un po’ di rami caduti, poi con la lama preparo dei trucioli più piccoli da usare come esca per accendere il fuoco. Dallo zaino tiro fuori il fornelletto e preparo tutto. Con le scintille dell’acciarino avvio il fuoco e metto tutto nel fornello. Il fuoco è avviato.  La gavetta è composta da un contenitore più grande e un coperchio che può essere utilizzato come padella. Fa proprio al caso mio. La metto sul fuoco e ci aggiungo un filo d’olio. Poi preparo le cipolle e le taglio con il mio Opinel e metto tutto in pentola. Poi prendo la carne macinata e ne faccio con le mani una bella polpetta che schiaccio in padella per dargli la forma dell'hamburger. Condisco tutto con del sale e del pepe e intanto che tutto cuoce taglio il pane e qualche fetta di pomodoro. Il pane lo metto vicino al fuoco per farlo un po’ abbrustolire, poi taglio qualche fetta sottile di formaggio da far sciogliere sulla carne. Mi apro anche la birra, è quasi pronto e bevo qualche sorso. Il mondo sembra essersi fermato e il tempo sembra scorrere più lentamente. Nulla è più importante, adesso ci sono solo io con me stesso. La carne con le cipolle è pronta. Metto a sciogliere il formaggio sull'hamburger ancora sul fuoco e intanto preparo il panino. Un paio di fette di pomodoro, l'hamburger col formaggio fuso e infine le cipolle. Comprimo tutto e lo scricchiolare del pane e l’aroma che sprigiona mi fa venire la pelle d’oca. Non so per quale motivo questo piccolo gesto mi trasmette tanta serenità. In questo momento non c’è più nessun problema che mi tormenta, nessuna urgenza da espletare. Niente di tutto questo. Eppure mi sto semplicemente godendo un panino in mezzo al bosco, ma il senso di libertà che mi trasmette questa semplice cosa è una sensazione inarrivabile. Tra un morso e l’altro sorseggio la birra e mi sento veramente bene. Finalmente in pace con me stesso. Niente caos. Nessun rumore del traffico a cui sono abituato, in questo momento tutto assume un senso. Finisco il panino e bevo l’ultimo sorso di birra. Metto ancora qualche pezzo di legno sul fuoco e metto su il caffè con la moka. Poi tiro fuori il quaderno e la matita che ho portato  e inizio a scrivere di questa bellissima giornata sorseggiando un caffè di tanto in tanto. Forse la vita, in fondo, è tutta qui.


martedì 10 marzo 2020

La clessidra magica



John era un operatore ecologico, ovvero un modo elegante per dire che puliva le strade. Era una persona semplice, amava molto le “cose” di una volta. Riteneva che gli oggetti di un tempo possedessero un anima. Macchine da scrivere, penne stilografiche, orologi meccanici e giradischi gli piacevano da impazzire. Aveva un vecchio orologio meccanico dal quale non si separava mai e difficilmente si dimenticava di caricarlo. Spesso si sentiva un po' come il suo orologio. Un qualcosa di analogico in un mondo digitale. Amava leggere e soprattutto scrivere, ma i suoi impegni lavorativi e la famiglia, gli occupavano sempre gran parte delle sue giornate. Il tempo per scrivere era sempre poco. Leggere e scrivere erano le sue passioni. Riuscire a scrivere un libro era il suo più grande sogno che in trentadue anni di vita non era riuscito ancora a realizzare. Aveva una moglie e una figlia stupenda e non poteva desiderare di più nella vita. Era molto felice e non gli mancava nulla. Ma ancora non era riuscito a realizzare il suo più grande sogno. Scrivere il suo libro. Sognava di diventare uno scrittore e riuscire a guadagnarsi da vivere con la sua scrittura. Secondo lui però, era sempre il tempo a mancargli. La sera tornava troppo stanco per mettersi a scrivere e non riusciva mai a creare un bel niente. La cosa lo deprimeva, voleva realizzarsi come scrittore ma un blocco dentro di lui glie lo impediva. Spesso non riusciva nemmeno a leggere tanto si deprimeva.

Un giorno di sciopero generale non doveva presentarsi al lavoro e decise di farsi una bella passeggiata per delle zone vicino casa che non aveva mai visitato. Essendo un gran passeggiatore decise di cimentarsi nella visita di quelle stradine secondarie che non mai aveva visto prima. Senza volerlo si ritrovò per una piccola via appartata dalle grandi strade principali e notò un piccolo negozio con un'insegna molto particolare. Un mago dal grande cappello a punta che sembrava intento a leggere una palla di cristallo. L'insegna era in ferro battuto e penzolava sopra la porta d'ingresso. Sopra si poteva leggere: La bottega del mago, rimedi magici per tutti.
Vinto dalla curiosità John decise di entrare in questo strano negozio. A suo parere era uno di quei posti che vendevano strani souvenir per turisti alternativi. Però la curiosità aveva avuto la meglio ed entrò.
L'interno del negozio confermava l'idea che si era fatto da fuori. Il forte odore di legno lo colpì appena varcato l'ingresso, sembrava di trovarsi in una bottega medioevale. Pavimenti e pareti erano tutte in legno e sul soffitto c'erano grosse travi che lo sostenevano. Gli oggetti, esposti in grandi scaffali, erano tra i più eccentrici che John avesse mai visto. C'erano alla rinfusa orologi a pendolo dalle più svariate forme, bambole dagli aspetti più strani, ciondoli, vecchi libri, piccoli scrigni, ampolle, sfere di cristallo, bottiglie dalle forme assurde, penne d'oca, quadri, specchi, e tanto altro che persona sana di mente non avrebbe potuto capire cosa fosse. Sembrava il più strano negozio di antiquariato che avesse mai visto. Dietro al bancone c'era un vecchietto che colpì molto John per il suo aspetto stravagante. Aveva una lunga barba bianca e indossava una vestaglia color azzurro, cappello a punta dello stesso colore e un paio di occhiali spessi come un fondo di bottiglia. Sorrideva cordialmente al nuovo arrivato.

-Buonasera signore, come posso aiutarla?-
La voce era proprio quella di un simpatico vecchietto, accesa e molto colorata.
-Ehm salve, non ero mai stato da queste parti eppure abito qui vicino e non avevo mai notato questo negozio, ero entrato per dare un occhiata incuriosito dall'originale insegna del negozio.-
-Oh oh oh, benvenuto alla bottega del mago, siamo sempre aperti e può trovarci solo chi ne ha un disperato bisogno.-

John non capì molto le parole del negoziante e fece finta di niente guardandosi intorno. Pensava che il vecchietto non avesse tutte le rotelle al loro posto. La sua attenzione fu colpita da una bellissima clessidra ornata da pietre preziose e posta sopra uno scaffale di fianco ad altri oggetti indefinibili.
-Oh vedo che la clessidra ha scelto lei...mhm si, credo proprio che abbia ragione, su la prenda è stato scelto da quest'oggetto e non può tirarsi indietro, adesso deve prenderlo altrimenti non funzionerà con nessun altro!-.

Lo stupore di John divenne perplessità, il vecchietto aveva sicuramente qualche problema. Ora tra se e se pensava che fosse meglio togliere il disturbo prima che la situazione si facesse più strana di quello che era.
-Guardi in realtà andrei di fretta, ero entrato giusto per dare un'occhiata veloce...sa, ho mia moglie e la piccola a casa che mi aspettano e ho i minuti contati. Negozio molto interessante comunque, ripasserò sicuramente, arrivederci.-
Detto questo, John stava per andarsene quando il vecchietto con un tono di voce più profondo ma allo stesso tempo dolce e rassicurante disse:
-Suvvia John, sua moglie è al lavoro e sua figlia a scuola, non ha affatto i minuti contati e no, le mie rotelle sono tutte al loro posto e funzionano molto bene da molto più tempo di quanto tu riesca ad immaginare...- John rimase a bocca aperta. Sconcertato e del tutto spiazzato per qualche secondo non spiccicò parola, poi iniziò a pensare che fosse tutto un elaborato scherzo di qualche suo amico, ma la cosa, comunque, era molto strana. -...si in effetti la cosa è molto strana- proseguì il vecchietto -ma non è uno scherzo, è tutto vero-.

John era allibito, era senza parole e si guardava nervosamente intorno. Intanto il vecchietto fece il giro del bancone e si avviò verso lo scaffale in cui era riposta la clessidra. La prese e la porse a John.
-Ecco qui, se la clessidra l'ha scelta significa che lei è una persona alla disperata ricerca di tempo-.
-Mi scusi signore, ma inizio a non capirci più nulla, come fa a sapere il mio nome? E poi che posto è mai questo?-
-Be pensavo che fosse chiaro che tipo di negozio fosse, l'insegna lo dice chiaramente, La bottega del mago e ovviamente, io, sono il mago. Questo negozio ha la caratteristica di apparire solo alle persone che ne hanno un disperato bisogno e io sono in grado di aiutarle, o meglio, sono gli oggetti qui presenti che riescono a risolvere i loro problemi. L'oggetto sceglie il suo nuovo proprietario in base al suo problema. Sono oggetti magici, ad esempio, questa clessidra ha scelto lei perché ha sentito che ha un disperato bisogno di più tempo per ciò che le sta a cuore. Come scrivere un libro magari-.

A queste parole John rimase stupefatto. Non riusciva a capacitarsi del posto in cui era capitato e dello strano proprietario che gli parlava di oggetti magici e dei suoi sogni come se lo conoscesse da tutta la vita. L'idea che fosse tutto un elaborato scherzo tornava ad affacciarsi nella sua testa.
-Ma come diavolo fa a sapere tutte queste cose?-
Glie l'ho detto, sono un mago, questi oggetti scelgono i loro proprietari, ma solo alcuni hanno il dono di poter entrare qui. Io faccio solo da tramite-.
John era incredulo, del tutto spiazzato e non sapeva cosa dire, osservò la scena tentando di essere il più razionale possibile ma non riusciva assolutamente a capire un bel niente di quello che gli stava succedendo. Il vecchietto aveva l'aria sincera e il suo tono di voce era rassicurante e per nulla truffaldino. In un altra situazione avrebbe pensato che lo volessero truffare e che tutto fosse un elaborato piano per estorcergli dei soldi. Eppure i modi del vecchio suscitavano in lui una fiducia che non riusciva a spiegarsi, era come incantato dalle sue parole. Il pensiero che fosse tutto vero cominciò a fare breccia nel suo cuore.
-Ok, quindi mi sta dicendo che questa clessidra riuscirà a risolvere i miei problemi? E in che modo?-
-Guardi...-
Il vecchietto ruotò la clessidra, John non notò nulla di strano ma dopo qualche secondo si rese conto che la sabbia non scendeva. Pensò che forse il vecchietto era veramente un truffatore e voleva rifilargli un oggetto che nemmeno funzionava. -...no non voglio truffarti e si, la sabbia non scende perché ruotando la clessidra in questo modo, il tempo si ferma. Così ne avrà finalmente tutto quello che le potrà servire. Per far tornare il tempo a scorrere basta rimettere la clessidra nella sua posizione originaria. Purché funzioni lei dovrà chiudersi in una stanza da solo e capovolgere la clessidra. Semplice no!-.
John era sconcertato, sapeva in cuor suo che il vecchietto lo stava prendendo in giro, eppure il suo modo di parlare, il tono di quella voce, sembrava crederci davvero in quello che diceva. Ma come poteva una clessidra riuscire a fermare il tempo? Aveva l'impressione di ritrovarsi in un racconto del fantastico; magari fosse vero. Ora si sentiva in difficoltà. Aveva preso in simpatia il vecchietto e non voleva dargli un dispiacere andandosene a mani vuote. Avrebbe comprato lo stesso quella vecchia clessidra rotta.
-Ok, mi ha convinto, la prendo. Quanto verrebbe a costare questa clessidra?-.
Il vecchio sorrise amabilmente e disse:
-Lei non mi crede...ma poco importa. La clessidra non è in vendita, lei, è stato scelto da questo oggetto ed è quindi già suo, le è stato tenuto da parte per molto tempo e adesso può riprenderselo. Ne è il legittimo proprietario-.

Detto questo il vecchietto si avviò dietro il bancone e ripose la clessidra all'interno di uno scrigno di legno ornato di pietre scintillanti e incisioni indefinibili. John era sconcertato, non riusciva a capacitarsi di questa situazione tanto bizzarra. Il vecchietto stava addirittura per regalargli quell'oggetto, che seppur rotto, aveva sicuramente un certo valore, vista anche la bellezza della scatola. Eppure il vecchietto glie la stava porgendo con un dolce sorriso stampato in faccia. Era sincero.
-Scusi ma...davvero non mi costa nulla? Anche se la clessidra non funziona non vedo per quale motivo non la dovrei pagare. La scatola poi, sembra essere di un certo valore.-
-La clessidra è sua, si fidi di me, funziona benissimo e se ne renderà presto conto. Un ultimo avvertimento. Gli oggetti magici non vanno mai usati con superficialità, possono anche danneggiarci. Sta nell'uso che si decide di farne a fare la differenza. Il tempo è un bene prezioso, il più prezioso che ci sia. Lo usi con saggezza. E un ultima cosa...- il vecchietto diede la scatola a John. Si avvicinò al viso e guardandolo ben dritto negli occhi continuò: -...non deve parlarne mai con nessuno, ne della clessidra ne di questo posto!-.
John era incerto su cosa rispondere, la situazione era diventata surreale.
-Va bene...non ne parlerò con nessuno, però ora devo proprio andare, arrivederci e grazie mille!-

Detto questo prese la scatola e uscì dal negozio ponendosi mille domande su quanto appena successo. Era entrato per curiosità in un negozio e ne era uscito con un qualcosa che gli era stato addirittura regalato. Un bel colpo di fortuna pensò tra se e se mentre si allontanava e svoltava qualche angolo. Decise che ci sarebbe tornato un giorno o l'altro anche con sua moglie nonostante lo strano avvertimento del vecchietto. Tornò indietro per memorizzarsi la strada ma non riuscì più a trovare la via di quel negozio. Sembrava essere scomparso. Eppure aveva fatto solo pochi passi ma non ci fu proprio verso di ritrovare quella strana insegna. Pensò in cuor suo che forse stava invecchiando.

John tornò a casa di ottimo umore. Le ultime parole del vecchietto gli rimasero molto impresse e decise, non che ci sia nulla di male, di non raccontare alla moglie quanto gli fosse capitato. C'era nella voce di quel vecchio un qualcosa di molto convincente. Alla fin fine, sarebbe stato il suo piccolo e innocuo segreto. Decise quindi di mettere la clessidra fuori dalla vista della moglie e la ripose chiusa nella sua scatola nell'ultimo cassetto della scrivania, vicino alle ricariche per le penne stilografiche. Se mai la moglie l'avesse trovata, gli avrebbe raccontato la storia di questo strano incontro.

Era ora di pranzo. Sia la clessidra, il negozio e lo strano vecchietto passarono in secondo piano. Si mise a preparare da mangiare e poi, dopo aver pranzato provò a mettersi un po' a scrivere. Iniziò a fissare il foglio bianco ma non riusciva a tirare fuori nulla di leggibile. Decise di aggiornare il suo diario, ogni scrittore ne ha uno. Lui ne aveva uno bellissimo rilegato in pelle con una fettuccia di cuoio che serviva a chiudere il volume avvolgendolo. Fu un regalo della moglie di qualche anno prima, quando John gli confidò la sua passione per la scrittura. Da quel giorno aveva iniziato a scriverci i suoi pensieri, nulla di tanto profondo, ma l'atto di scrivere in se, lo faceva stare bene, lo rendeva felice e si sentiva libero. Solo che non voleva scriverci con una penna qualunque, per un oggetto del genere serviva una penna altrettanto speciale. Una stilografica. Ne possedeva gelosamente svariate e, a rotazione, le utilizzava tutte. Scrisse fino a che non ritornarono a casa la moglie con la piccolina.
John non disse alla moglie di quanto successo durante la mattinata e così trascorse il resto del pomeriggio giocando con la piccolina e aiutando la moglie nelle faccende domestiche.

Passarono i giorni e si era completamente dimenticato della clessidra. Un sabato, dopo aver pranzato e messo la bimba a riposare, era riuscito a ritagliarsi circa un'ora per scrivere qualcosa. Avere però i minuti contati lo metteva di malumore. Dentro di se sapeva che non avrebbe concluso nulla. Pensava più al tempo che gli restava a disposizione piuttosto che a quello che realmente aveva intenzione di scrivere. Iniziò a buttare giù qualche riga ma si accorse che la sua stilografica aveva finito l'inchiostro. Aprì l'ultimo cassetto della scrivania per prendere una ricarica e vide la scatola della clessidra. Gli tornarono subito in mente le parole del vecchietto. Pensò sorridendo a quale assurdità gli stava venendo in mente e alla sua ingenuità. Ma in fondo, che gli costava provare? Anche la moglie stava per mettersi a riposare e lui ne voleva approfittare per scrivere. Voleva provarci.
-Amore, se vai a riposare io mi chiudo nello studio a scrivere qualcosa, almeno così non ti disturbo.-
-Ok caro, puoi però farmi la cortesia di svegliarmi tra un'ora? Avrei anche io delle cose da fare. Ci vediamo dopo, bacio!-

Si salutarono con un affettuoso bacio e John si chiuse nello studio. Aprì la scatola e tirò fuori la clessidra, la rigirò e la posò sulla scrivania. Ovviamente la sabbia non scendeva.
Bella fregatura che ho preso con questo oggetto, bhe, quantomeno è molto bello e sulla scrivania ci sta benissimo” pensò tra se e se. Non sapendo cosa scrivere, decise di mettersi a raccontare quel bizzarro incontro con quel vecchietto nel suo stravagante negozio. Si tolse l'orologio dal polso e lo mise vicino alla clessidra. Segnava le due.
Scrisse minuziosamente tutta la scena, lo strano negozio, i dialoghi e le sensazioni che aveva provato. Non si rese conto di aver scritto pagine e pagine di dettagli, pensieri e idee sulla clessidra e sul vecchio. Non fece nemmeno caso al tempo che trascorse scrivendo e si era completamente dimenticato di svegliare la moglie dopo un'ora. Guardò l'orologio affianco alla clessidra e segnava ancora le due.
Cavolo ci mancava che l'orologio si fermasse adesso, devo aver dimenticato di caricarlo” pensò. Uscì di fretta dallo studio urtando la scrivania e fece rovesciare la clessidra. Non poté notare che in quel momento si era stranamente ribaltata da sola.
-Amore scusami, non mi sono reso conto del tempo che passava e ho dimenticato di svegliarti.-
-Ma che stai dicendo? Sei appena entrato nello studio e sei subito uscito! Mi sono appena sdraiata!-
-Cosa dici? Saranno passate quasi due ore da quando sono entrato nello studio!-
-Senti, smettila di giocare come al tuo solito e fammi riposare per un po' che ne ho bisogno. Ho avuto una settimana molto pesante al lavoro.-

John era sbigottito, eppure sua moglie era seria. In un lampo gli tornò in mente la clessidra e rimase a bocca aperta, tornò nello studio e tutte le pagine che aveva scritto erano li. Non c'era dubbio che fossero trascorse almeno un paio di ore. Poi osservò la clessidra e notò che era rivolta nella posizione in cui il tempo sarebbe tornato a scorrere normalmente. Riprese l'orologio che aveva lasciato sulla scrivania prima di mettersi a scrivere e notò che le lancette erano di nuovo in movimento. La clessidra aveva fermato il tempo. Il vecchio non mentiva. Era tutto vero.

Da quel momento tutto fu diverso, da un giorno all'altro John ora aveva tutto il tempo che desiderava. Stava vivendo un sogno. Stentava a crederci, eppure la clessidra funzionava veramente. Poteva fermare il tempo ogni volta che voleva. I primi giorni, emozionato dalla scoperta, non si dedicò affatto alla scrittura. Si chiudeva nel suo studio, ruotava la clessidra e iniziava a fare tutto tranne che scrivere. Ogni volta che tornava da lavoro, si chiudeva nel suo studio e fermava il tempo. Leggeva, guardava film, sonnecchiava e ogni tanto scriveva qualche pagina nel suo diario. Ma di scrivere seriamente, nonostante ora avesse tutto il tempo del mondo, ancora non c'era riuscito. Stentava. Si diceva che tanto aveva tutto il tempo di questo mondo, prima o poi avrebbe scritto il suo grande romanzo e realizzato il suo più grande sogno. Che fretta aveva? Non c'era quindi verso che si mettesse a lavorare seriamente. Aveva troppe distrazioni e i suoi pensieri se ne andavano sempre altrove. Dopo un periodo che aveva fatto di tutto tranne ciò che si era prefissato, volle mettersi seriamente a scrivere. Ma inutilmente. I giorni passavano, settimane, mesi ma niente, non era riuscito a combinare nulla. Fissava la pagina bianca e non riusciva a scrivere, zero idee, il vuoto totale. Non c'era verso che personaggi o storie gli uscissero fuori. Viveva in una totale crisi creativa. Anche il suo umore iniziò a risentirne, aveva tutto questo tempo che desiderava ma si rese conto che lo stava solo sprecando. Sentiva di buttarlo via. Ogni volta che voleva scrivere sul serio non ci riusciva, finiva per distrarsi con altro. Iniziò a diventare insofferente a tutto e spesso finiva col litigare con sua moglie o sgridare sua figlia per delle sciocchezze. Più il tempo passava, e più il suo malessere cresceva. Anche il non poter far parola con nessuno della clessidra lo logorava. Aveva il disperato bisogno di parlarne con qualcuno. Ma il vecchio era stato categorico. Nessuno doveva sapere della clessidra. Probabilmente, pensò, se ne avesse parlato con qualcuno la magia sarebbe scomparsa e la clessidra sarebbe diventata solo un banale oggetto, un semplice soprammobile. Un giorno, in cui era particolarmente stressato da questa situazione, decise di tornare a cercare la bottega del mago. Aveva bisogno di parlare con il vecchio. Forse lui poteva dargli il giusto consiglio per questo suo malessere.

Si avviò verso la zona in cui, mesi prima, aveva trovato quello strambo negozio. Ma nonostante avesse fatto avanti e indietro tra quelle vie per ore ed ore, non ci fu verso di ritrovare quella bottega. Si ricordò che il vecchio disse qualcosa a proposito che, solo chi ne aveva davvero bisogno, poteva trovare quel negozio. Lui ora ne aveva un disperato bisogno ma non riusciva a ritrovarlo. Girovagò ancora per qualche ora ma invano. Se ne tornò verso casa abbattuto, stanco e più depresso di prima. Aveva tutto il tempo del mondo eppure sentiva che lo stava sprecando in sciocchezze. Cosa stava sbagliando? Dentro di lui si sentiva un fallito, un perdente. Sognava di essere uno scrittore , di scrivere il suo romanzo e poi quando era il momento di fare sul serio non riusciva a tirare fuori un bel niente. In quel momento, si rese conto che forse il suo problema non era proprio la mancanza di tempo che non lo faceva scrivere, ma c'era qualcosa in lui che non gli permetteva di farlo. Il tempo che non aveva era solo la sua solita scusa per non mettersi d'impegno a scrivere seriamente. Forse, non ci teneva abbastanza al suo sogno, ecco perché non ci riusciva. Eppure dentro di lui il sogno di scrivere un romanzo, il sogno di diventare uno scrittore e mantenersi con ciò che scriveva, era sempre vivo in lui, lo sentiva crescere dentro di se giorno dopo giorno. Quasi lo poteva toccare, era un qualcosa di tangibile e non poteva negare quello che provava. Voleva a tutti i costi scrivere. Non pretendeva di diventare il più grande scrittore del mondo, non gli importava nulla se avrebbe avuto o no successo con la scrittura. Ciò che voleva era solo scrivere un romanzo, e poi un altro, e poi un altro ancora. Sentiva che questo voleva fare nella vita. Diventare uno scrittore. E nulla e nessuno al mondo potevano impedirglielo. Non aveva bisogno di nessuna clessidra magica. Ma solo del suo cuore e credere nel suo sogno. Credere in se stesso, solo lui poteva realizzarlo. Prese una decisione. Appena tornato a casa si sarebbe disfatto della clessidra. Fu in quel momento che, senza rendersene conto si ritrovò davanti alla bottega del mago. Entrò senza esitazione.
-Bentornato mio giovane amico, è riuscito a scrivere il suo libro?-
Chiese il vecchietto con un dolce sorriso sulle labbra.
-Decisamente no e avevo ragione, la clessidra non funziona, anche se riesco ad avere tutto il tempo che desidero, non riesco a scrivere un bel niente. Ho intenzione di portarla indietro. Ho capito che non sarà certo grazie alla clessidra che riuscirò a scrivere il mio romanzo. Anzi avere più tempo a disposizione è una dannazione e mi ha fatto capire quanto invece lo sprechi solo in stupidaggini, senza riuscire a combinare nulla di costruttivo. Penso di non avere più bisogno della clessidra. Vorrei riportargliela.-
Il vecchio rimase per qualche istante in silenzio. Poi in maniera dolce e benevola disse:
-Oh...in realtà, se dice questo, vuol dire che la clessidra ha funzionato a dovere. Vede, la clessidra, da sempre, rappresenta il tempo. Il tempo che ognuno di noi ha a disposizione e che deve impiegare nel migliore dei modi poiché, prima o poi, è destinato a finire. Avere tutto il tempo che si desidera e utilizzarlo per ciò che non è realmente importante, è solo uno spreco. Lei se ne è reso conto molto presto. Il precedente proprietario della clessidra non fu così intelligente da capire che questo oggetto magico aveva ben altro scopo. Quello di capire che il tempo è il bene più prezioso che si ha. Bisogna viverlo più felicemente possibile poiché nessuno ce lo potrà mai dare indietro.-
-Che fine ha fatto il vecchio proprietario della clessidra?- Chiese John incuriosito.
-Quando ha capito di avere a disposizione tutto il tempo di questo mondo, perse di vista i suoi sogni. Non faceva altro che divertirsi, giocare e abusarne. Fino a che, i suoi eccessi, lo hanno portato alla morte. Entrò in un vortice di tentazioni dal quale non riusci più ad uscirne. Fu un bel problema per me visto che morì mentre aveva fermato il tempo...ma questa è un'altra storia. L'importante, ora, è che lei sia riuscito a capire il vero significato del tempo che ci è concesso di vivere. Non lo sprechi.-
-Che devo fare con la clessidra? Posso portargliela domani? Non vorrei più averla in casa.-
-Glie l'ho già detto l'ultima volta, la clessidra ormai è sua. La deve tenere, ma non credo che ormai funzionerà più. E non si preoccupi, prima o poi, quell'oggetto, in un modo o in un altro, tornerà in questo negozio. E' sempre stato così.-
Queste parole suonarono molto strane a John, pensava che fosse inutile ribattere al vecchietto.
-In questo caso la saluto, torno a casa a scrivere il mio romanzo!-

E così fece. Ora scrivere lo rendeva felice come non mai fino ad ora. Si mise di impegno e finalmente riuscì a scrivere il suo primo romanzo. Provò a farlo leggere a qualche editore e riuscì anche a farselo pubblicare ottenendo un discreto successo. Col suo secondo libro ebbe più fortuna, e tutti i suoi libri successivi gli permisero di vivere solo della sua scrittura e continuarlo a fare per il resto della sua vita. Proprio come aveva sempre sognato.

Un giorno, dopo essere diventato uno scrittore di successo, decise di riprovare la clessidra. Si chiuse nello studio della sua nuova casa e si mise alla scrivania. Prese la clessidra dall'ultimo cassetto, la capovolse, e la sabbia iniziò a scendere.


Giugno 2017




venerdì 8 giugno 2018

Chi sono

Trovo difficile su due piedi scrivere una mia biografia. Ci provo lo stesso. Mi chiamo Christian e nella mia vita ho molte passioni che coltivo giorno dopo giorno. Questo blog, aperto qualche anno fa è cresciuto nel tempo fino a diventare un contenitore di tutte ciò che amo.
Lavoro come preposto nella ditta di famiglia ma ho un sogno nel cassetto. Cerco di realizzare giorno dopo giorno. Scrivere e pubblicare libri, e un giorno, riuscire anche a vivere solo di questo. Ce la sto mettendo tutta a realizzare questo mio sogno e nonostante le difficoltà non mi scoraggio. Mai.
Sono sposato e ho una bellissima famiglia. Una moglie fantastica e due magnifici figli. Un maschietto e una femminuccia. Sono la mia vita e per loro farei qualsiasi cosa, voglio dimostrargli nel tempo, che, con la giusta determinazione, tutti i propri sogni possono realizzarsi.




Risveglio

Il suono della sveglia ti entra nella testa ancora ti rifiuti di svegliarti.  Lo senti arrivare da lontano  inesorabile ti penetra dentro il...