martedì 20 agosto 2013

05: Nikos Kazantzakis - Zorba il greco



Finalmente ho finito questa bellissima lettura alla quale avrei voluto dedicare più tempo e quindi, finirla prima. Scrivo questa recensione con entusiasmo e con non poche difficoltà, il libro mi ha davvero coinvolto molto, dentro c'è tutto quello che cerco e mi aspetto da una lettura. Difficile descrivere quello che c'è in questo libro in poche righe.
Si rimane incantati ad ascoltare le storie di Zorba, ricche di significato e che arrivano dritte al cuore. Mentre andavo avanti con la lettura ero li, di fronte ad un fuoco sulla spiaggia ad ascoltare la vita di questo stravagante uomo. C'è tanta di quella filosofia in tanta semplicità da rimanere spiazzati, Zorba, rappresenta la libertà nel più grande dei suoi significati. Un uomo libero e sempre con le ali ai piedi.
L'unico modo che trovo per far capire in che modo questo personaggio arriva dritto al cuore, è citare proprio le parole stesse di Zorba; mano mano che andavo avanti con la lettura ho appuntato alcuni discorsi, non solo di Zorba, che sono riusciti a farmi vibrare l'anima, a farmi sentire parte di qualcosa di più grande:

" 'Ehi, nonnino' , gli faccio, 'pianti un mandorlo?'. E lui, curvo com'era, si voltò e mi disse: 'Io, figliolo, mi comporto come se fossi immortale!'. 'E io' , gli risposi, 'mi comporto come se dovessi morire da un momento all'altro'. Chi dei due aveva ragione, padrone?"

"E quest'acqua rossa che cos'è, padrone? Dimmelo. Un vecchio ceppo butta i rami, spuntano dei grappoletti acidi, col passare del tempo il sole li cuoce, diventano dolci come il miele, e allora la chiamiamo uva; la pigiamo, tiriamo fuori il succo, lo mettiamo nelle botti dove fermanta da solo, le apriamo il giorno di San Giorgio il Bevitore , in ottobre, ed esce il vino! Che miracolo è questo? Lo bevi questo succo rosso, e l'anima s'ingrandisce, la vecchia pellaccia non la contiene più, sfida a duello Dio. Che roba è mai questa, padrone, sai dirmelo?

"No, non credo in -quante volte te lo devo dire? Non credo in niente e in nessuno, soltanto in Zorba. Non perché Zorba sia migliore degli altri, per niente, ma proprio per niente! E' una belva anche lui. Ma credo in Zorba perché è solo su di lui che ho potere, è lui solo che conosco, tutti gli altri sono fantasmi. Quando morirò io, moriranno tutti. L'intero mondo di Zorba sprofonderà!"

"'Quest'uomo' , pensai, 'non è andato a scuola, e il suo cervello non si è guastato. Ha visto e ha fatto e ha subito molte cose, la sua mente si è schiusa, il suo cuore si è ampliato senza che lui abbia perso la sua originaria valentìa. Tutti i problemi che a noi sembrano complessi lui li risolve con un colpo di spada, come il suo compatriota Alessandro Magno. E' difficile che sbagli, perché posa tutto intero, dai piedi fino alla testa, per terra. Gli africani selvaggi adorano il serpente perchè l'intero suo corpo tocca la terra, e così ne conosce tutti i segreti. Li conosce con il ventre, la coda, i genitali, la testa. E' in contatto con la Madre, si mescola con essa. Anche Zorba è così. Noi intellettuali siamo gli sciocchi uccelli dell'aria'. "

"Ho già i capelli bianche, padrone, cominciano a dondolarmi i denti, non ho più tempo da perdere. Tu sei giovane, puoi ancora avere pazienza, io no. Ma per Dio, più invecchio e più divento selvaggio! Cosa mi vengono a dire che la vecchiaia rende l'uomo più mansueto? Che il vigore dell'uomo si affievolisce , che vede arrivare la morte, allunga il collo e dice: 'Tagliami la gola, per favore, così divento santo'? Io più invecchio e più mi ribello. Non mi rassegno, voglio conquistare il mondo!".

"Restammo entrambi fino a tardi intorno al braciere in silenzio. Ebbi un'altra conferma di come la felicità sia una cosa semplice e frugale - un bicchiere di vino, una castagna, un misero braciere, il rumore del mare; nient'altro. Per rendersi conto ce tutto questo è felicità serve soltanto un cuore semplice e frugale."

"Come un bambino, vedeva anche lui tutte le cose per la prima volta, e si stupiva continuamente e faceva domande, e tutto gli sembrava un miracolo, e ogni mattina quando apriva gli occhi e vedeva gli alberi, il mare, le pietre, un uccello, rimaneva con la bocca spalancata. Cos'è questo miracolo?, gridava. Che cosa vuol dire albero, mare, pietra, uccello?"

"Mi sono liberato della patria , mi sono liberato dei preti, mi sono liberato dei soldi, passo al setaccio le cose. Più passa il tempo, e più setaccio le cose; mi alleggerisco. Come faccio a dirtelo? Mi libero, divento uomo." 

"La patria, dici... Credi alle frottole che scrivono i tuoi libri... Da' retta a me, piuttosto; finché esisterà la patria, l'uomo resterà un animale, una bestia selvaggia... Ma grazie a Dio mi sono liberato, liberato, è finita! E tu?".

Mi fermo qui, ci sarebbe tanto altro da scrivere ma rischierei di rovinare a qualcuno il gusto della lettura. Questo libro è davvero uno di quelli da leggere e rileggere, ci scommetto la testa che ad ogni lettura, Zorba avrà sempre qualcosa di nuovo da dire, e se riusciamo ad essere più semplici e a saper apprezzare nella vita la semplicità, scopriremo che la felicità è proprio alla portata di tutti. Penso sia questo il messaggio che vuole lasciare questo libro. Questa è una di quelle letture che ti arricchiscono dentro e che non bisogna lasciarsi scappare. Non posso che consigliare la lettura di questo capolavoro e ringrazio con tutto il cuore l'aver intrapreso questo viaggio di cento letture, senza le quali non avrei mai e poi mai conosciuto questo libro.
Porterò sempre nel cuore il ricordo di questo personaggio, di questo uomo, con la consapevolezza di poterlo sempre ritrovare ogni volta in queste pagine.
Ciao Zorba, a presto.

Buona lettura!

Note di copertina


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